Legge sul Ripristino della natura al di là delle divisioni
Mettendo fine ad uno stallo di oltre due mesi, il 17 giugno 2024 i Ministri dell’Ambiente europei hanno dato il via libera finale alla legge sul Ripristino della Natura, regolamento europeo proposto due anni prima dalla Commissione con l’obiettivo di ripristinare le aree naturali degradate entro il 2030 in tutti i Paesi dell’UE. Si punta a contribuire al raggiungimento degli obiettivi europei in materia di clima e biodiversità e migliorare la sicurezza alimentare.
La norma è uno dei pilastri del Green Deal europeo. Un’approvazione arrivata sul filo di lana e con una maggioranza molto risicata, con venti paesi a favore, sei contrari e un astenuto; ma quanto basta comunque per garantire l’approvazione a maggioranza qualificata, minimo 15 Stati Ue (su 27) che rappresentano il 65 per cento della popolazione.
Decisivo il voto della ministra dell’ambiente austriaca Leonore Gewessler, che, in contrasto con la linea del suo stesso governo, ha cambiato la propria posizione e ha fatto sì che gli stati membri rispettassero il voto espresso dall’Europarlamento il 27 febbraio 2024. Significativo il voto contrario dell’Italia, che si unisce a quello di Ungheria, Paesi Bassi, Polonia, Finlandia e Svezia.
Legge pionieristica nel suo genere, la particolarità della Nature Restoration Law risiede nel fatto di puntare non solo alla salvaguardia delle aree ancora intatte, ma anche al ripristino delle aree danneggiate.
Il Regolamento, infatti, fissa l’obiettivo di ripristinare almeno il 20% delle zone terrestri e marine dell’UE entro il 2030 e di tutti gli ecosistemi entro il 2050 (secondo le stime della Commissione europea, ad oggi l’80% degli habitat europei versa in condizioni di degrado).
A vigilare sul rispetto del provvedimento sarà l’esecutivo Ue, mentre agli Stati Membri è delegato il compito di redigere dei piani nazionali di ripristino che indichino alla Commissione come intendono raggiungere gli obiettivi del regolamento, monitorando i relativi progressi sulla base degli indicatori di biodiversità stabiliti a livello Ue.
Secondo Bruxelles, raggiungere questi obiettivi porterà a un beneficio non solo ambientale, ma anche economico. Le stime dell’esecutivo comunitario dicono infatti che ogni euro investito nel ripristino degli ecosistemi si tradurrà in almeno 8 euro guadagnati.
Il regolamento stabilisce requisiti specifici per i diversi tipi di ecosistemi, compresi quelli agricoli della pesca e della silvicoltura. In particolare, per quanto riguarda gli ecosistemi agricoli, i paesi dell’Ue dovranno registrare entro il 2033, data prevista per una valutazione sull’impatto delle nuove regole, progressi in due indicatori su tre:
- Indice di farfalle comuni;
- Percentuale di superficie agricola con elementi caratteristici del paesaggio con elevata diversità;
- Stock di carbonio organico presente nei terreni.
A questi si aggiunge l’indice dell’avifauna comune, dato che gli uccelli sono un buon indicatore dello stato di salute generale della biodiversità. Sul lato della fertilità dei terreni, l’Ue ha stabilito che dovranno essere ripristinate almeno il 30% delle torbiere drenate entro il 2030.
La misura è stata particolarmente contestata da alcune sigle di rappresentanza datoriale agricola, che vedono nel provvedimento un ulteriore gravame sulle produzioni. Per rispondere alle preoccupazioni del comparto, il Parlamento europeo ha chiesto e ottenuto l’introduzione di un freno di emergenza nel caso in cui gli obiettivi previsti dal regolamento riducano la superficie coltivata in misura tale da compromettere la produzione.
Tuttavia, nonostante le modifiche, i tentativi per renderlo “meno divisivo” non hanno tolto alcune riserve. La viceministra italiana all’Ambiente e sicurezza energetica Vannia Gava ha spiegato così il voto contrario dell’Italia: “Il regolamento, così com’è, impatta negativamente il settore agricolo dell’Unione, accrescendone gli oneri economici e amministrativi”, indicando nel Nature Restoration Law l’ultimo colpo di coda di una legislatura – quella trascorsa – definita a più riprese ideologica.
Di segno opposto le parole di Alain Marion, viceministra belga responsabile dell’ambiente, che parla di una giornata storica in cui l’Ue potrà finalmente portare, a livello internazionale, una voce unica a garanzia degli ecosistemi, con particolare riferimento alla COP29. Sulla stessa scia, il Commissario europeo all’Ambiente Virginius Sinkevicius: “Siamo sulla buona strada per invertire la perdita di biodiversità, iniziamo ora a lavorare insieme e dimostriamo che l’Ue è ancora all’avanguardia. Lontano dalle caricature con cui è stata descritta, questa legge ci consentirà di essere più forti di fronte agli impatti del cambiamento climatico”.
La posizione di AIC
“Il via libera definitivo del Consiglio Ue al Regolamento Nature Restoration Law segna un passo positivo per la tutela degli ecosistemi, compresi quelli agricoli, ma ora inizia il lavoro vero. Abbiamo bisogno che gli Stati attuino piani di ripristino che non mettano in contrapposizione l’agricoltura e l’ambiente. La legge ha affrontato uno dei viaggi più tumultuosi nella storia della legislazione europea e ha creato divisioni insostenibili per l’importanza delle sfide che questo provvedimento intende affrontare” sottolinea Santoianni “Per questo le istituzioni nazionali ed europee dovranno essere portatrici di politiche coraggiose, a partire dalla realizzazione di un piano di investimenti comuni in grado di invertire il ciclo dello sfruttamento selvaggio delle risorse e riconoscere il ruolo fondamentale delle pratiche agricole sostenibili. Solo così gli obiettivi di uno dei documenti chiave del Green Deal potranno veramente essere realizzati, alleviando le paure dei nostri agricoltori, primi custodi del territorio”.