Riforma europea IG: ecco come l’UE mira a rafforzare le produzioni di qualità

 La riforma si fonda su quattro pilastri fondamentali: maggiore centralità dei consorzi; rafforzamento della tutela del prodotto; semplificazione amministrativa e trasparenza; sostenibilità ambientale.

GAETANO GULLO

A maggio 2024 entra in vigore la riforma europea delle Indicazioni Geografiche che riguarda il cibo, il vino e le bevande spiritose. Con 520 voti favorevoli su 705, il Parlamento europeo ha approvato il Regolamento, dopo un percorso cominciato due anni fa e che ha visto una larga convergenza da parte delle forze politiche e, in particolar modo, degli eurodeputati italiani.

La riforma si fonda su quattro pilastri fondamentali:

  1. maggiore centralità dei consorzi;
  2. rafforzamento della tutela del prodotto;
  3. semplificazione amministrativa e trasparenza;
  4. sostenibilità ambientale.

Il ruolo dei Consorzi: i Consorzi sono il cuore delle produzioni di qualità. Il Regolamento estende e migliora gli strumenti a loro disposizione, come la tutela contro le pratiche lesive per l’immagine e il valore dei loro prodotti e la promozione del “turismo di Indicazione Geografica”. Potranno inoltre decidere le quantità di prodotto da immettere sul mercato, per un periodo di tempo che con la riforma passa da tre a sei anni. Una misura, questa, che tutela i piccoli produttori all’interno dei consorzi.

La tutela del prodotto: È previsto un rafforzando del contrasto alle pratiche di usurpazione, imitazione ed evocazione all’interno dei confini dell’Ue, anche sui domini Internet, tramite l’introduzione di un sistema di geo blocking che obbliga gli Stati membri a bloccare l’accesso a tutti i contenuti evocativi di una Indicazione Geografica, grazie ad un alert system sviluppato da EUIPO, l’Agenzia europea per la proprietà intellettuale.

Semplificazione e trasparenza: sono stati definiti tempi certi sia per l’esame delle richieste di registrazioni di nuove DOP e IGP da parte della Commissione che per la modifica dei disciplinari, riducendo a 6 mesi i tempi di risposta, a cui possono aggiungersene altri 5 solo nel caso in cui la richiesta sia incompleta. La modifica dei disciplinari sarà gestita prevalentemente dagli Stati Membri. Il Regolamento è intervenuto anche in materia di trasparenza. Tra le novità più significative, l’obbligo di indicare il nome del produttore in etichetta e l’obbligo di notifica preventiva al consorzio per utilizzare un prodotto DOP e IGP come ingrediente di un altro prodotto trasformato. 

Sostenibilità: un altro impegno del regolamento europeo “Testo Unico sulla Qualità” è legato alla sostenibilità. Il provvedimento, infatti, prevede non solo la possibilità da parte dei Consorzi di applicare norme di sostenibilità ambientale, economica e sociale più rigorose di quelle prescritte a livello comunitario o nazionale, ma anche l’introduzione, ancora facoltativa, di un rapporto di sostenibilità attraverso il quale i consorzi descrivono l’impegno e l’impatto che tali pratiche hanno sulle performance aziendali e sulla posizione del prodotto.

La posizione di AIC: produzioni di qualità e Aree interne

“La riforma va nella giusta direzione perché garantisce la qualità produttiva dei Consorzi e valorizza la sostenibilità ambientale, economica e sociale che tradizionalmente caratterizza la reputazione dei prodotti a Indicazione Geografica. La centralità data ai consorzi e la semplificazione delle procedure a livello comunitario potrebbero giocare un ruolo significativo per nuovi riconoscimenti DOP, IGP e STG”, – dichiara il presidente di AIC Giuseppino Santoianni, – “In questo senso, le Aree interne possono giocare un ruolo importante. Il riconoscimento delle indicazioni geografiche in questi territori, soprattutto al Sud e al netto della burocrazia penalizzante qui più che altrove, è stato una vera e propria ‘ricompensa’ per i piccoli produttori perché consente loro di produrre in modo sostenibile prodotti di altissima qualità, diventando presidio e, allo stesso tempo, volano economico del territorio”. Questo ruolo è ancora più importante in zone soggette a vincoli naturali, come le zone montane e le aree remote, spesso difficilmente raggiungibili. Eppure il 58% del territorio italiano è composto da Comuni che rientrano nelle Aree interne. Lo spopolamento qui significa abbandono della principale risorsa economica, la terra. Dal secondo dopoguerra, in Italia, sono stati abbandonati oltre 10 milioni di ettari di terreno a causa delle difficoltà da parte degli agricoltori di essere competitivi sul mercato.  “Questa riforma europea da sola certamente non può risolvere i problemi dei nostri territori più penalizzati storicamente, ma, se sostenuto da politiche nazionali più incisive sui servizi essenziali, può essere un incentivo alla loro rigenerazione, perché dove sta bene un cittadino sta bene anche un’impresa. Per il successo della riforma molto dovrà passare anche dalla capacità delle istituzioni nazionali di adattarsi alle novità introdotte dal Regolamento Ue, ad esempio nella semplificazione delle procedure di modifica dei disciplinari, che, come già detto, saranno quasi esclusivamente competenza degli stati membri. Senza questi provvedimenti l’ampia convergenza politica ed istituzionale che ha accompagnato entusiasticamente il ‘Testo unico della Qualità’ rischia di rimanere, nelle sue parti più incisive, solo sulla carta”, conclude il presidente di AIC.

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