Novel food: un danno per l’economia oppure un’opportunità?

La  commercializzazione di nuovi prodotti alimentari e la diffusione di nuove mode e abitudini sono spesso fonte di preoccupazione per i consumatori, che si chiedono cosa è davvero contenuto nel cibo che consumano. 

di Rosamaria camodeca

L’introduzione in commercio dei cosiddetti “novel food” (nuovi alimenti) risulta ancora più preoccupante per i produttori a causa dei timori riguardo la possibilità di erosione di significative fette di mercato. A suscitare accese polemiche, negli ultimi tempi, è stata la questione riguardante la possibilità di immettere sul mercato carne “coltivata” o cibi a base di farine di insetti. 

Certamente la questione sarà tra le principali che il Parlamento europeo, appena rinnovato, dovrà affrontare. La definizione delle linee guida sulle politiche alimentari dei prossimi anni richiede, infatti, una riflessione approfondita sull’argomento riguardo la possibilità o meno di lasciare spazio ad alimenti estranei ai nostri sistemi produttivi. 

È bene evidenziare che nel caso della carne “sintetizzata” in laboratorio e non proveniente da allevamenti così come per la farina di insetti, la ricerca mondiale è nata dall’esigenza, sempre più stringente, di ridurre le emissioni di CO2 (aspetto tutt’altro che trascurabile per il settore zootecnico) nonché per far fronte al crescente fabbisogno proteico della popolazione mondiale in aumento costante. 

Le posizioni al momento sono molto contrastanti. Se molti, in maniera entusiastica, ritengono che questi saranno i nuovi cibi del futuro altri, al contrario, li ritengono inutili o addirittura pericolosi. Dove sta la verità? Innanzitutto l’Unione Europea periodicamente attraverso l’EFSA, Autorità europea per la sicurezza alimentare, fornisce consulenze scientifiche indipendenti sui rischi connessi all’alimentazione e aggiorna il catalogo dei “nuovi cibi”, valutati per l’immissione in commercio all’interno dei paesi dell’Unione. 

Con il Regolamento 2015/2283, l’Unione ha stabilito la centralizzazione delle richieste di introduzione di nuovi cibi che dovranno essere presentate direttamente alla Commissione europea anziché ad uno degli stati membri, come avveniva in precedenza. Nel regolamento si legge che «si intendono per novel food tutti quei prodotti e sostanze alimentari privi di storia di consumo “significativo” al 15 maggio 1997 in UE e che, quindi, devono sottostare ad un’autorizzazione per valutare la loro sicurezza prima della loro immissione in commercio». Tale regolamento risulta applicabile anche a quegli alimenti che sono già consumati al di fuori dei confini europei, ma che non sono consueti nelle abitudini alimentari del vecchio continente. Secondo quanto riferisce l’EFSA, nei prossimi mesi le indicazioni riguardo la diffusione di prodotti a base di farine di insetti saranno ancora più dettagliate, soffermandosi in particolare  sui requisiti scientifici e su quegli aspetti risultati carenti nelle applicazioni pervenute fino a oggi, come i contenuti nutrizionali o la possibilità di scatenare reazioni allergiche. 

In Italia la posizione del governo oscilla tra innovazione ed oscurantismo, in un altalenare di indecisioni che non fanno altro che creare disinformazione e incertezza. 

Il 3 gennaio 2023, la Commissione europea ha pubblicato il Regolamento di esecuzione Ue 2023/5 che ha autorizzato l’immissione sul mercato della polvere parzialmente sgrassata di Acheta domesticus (farina di grillo domestico) per fini alimentari.

Nonostante inizialmente la posizione del Ministro dell’agricoltura e della sovranità alimentare fosse convintamente contraria all’introduzione di “novel food”, nel marzo 2023 il Ministro Lollobrigida ha firmato quattro decreti che riguardano l’introduzione in commercio di alimenti contenenti altrettante diverse farine derivate dalla trasformazione di insetti. Come lui stesso ha dichiarato in una conferenza stampa, «ci si può nutrire di quello che più si ritiene idoneo ma, per quanto riguarda la farina di grillo, locusta migratoria, verme della farina e larva gialla, pensiamo serva un’etichettatura che specifichi in modo puntuale e visibile quali prodotti hanno derivazione da questi insetti».

Riguardo l’altro elemento delle polemiche sui “novel food”, va detto che l’Italia è il primo Paese al mondo a mettere nero su bianco il divieto di commercializzazione di carne coltivata.

Definirla “sintetica”, infatti, è un errore, dal momento che non viene effettuata nessuna sintesi in laboratorio, ma una vera e propria coltivazione. C’è da dire che la Commissione europea ha bloccato la legge italiana sul divieto di produzione e commercializzazione di carne coltivata, definendola “inapplicabile”. Il motivo tuttavia non è di merito, ma di carattere procedurale: l’Italia, infatti ha notificato la legge in modo errato – non rispettando le procedure previste dalle direttive europee – per cui il provvedimento è stato ritirato. 

Nel caso in cui l’EFSA dovesse dare un parere positivo sulla carne coltivata e, pertanto, autorizzare il commercio, l’Italia non potrà far altro che accettare la decisione dell’UE per il principio della libera circolazione delle merci all’interno degli Stati membri. Inoltre, il divieto potrebbe anche essere visto come discriminatorio verso chi produce e chi consuma carne coltivata.

La Commissione europea intervenendo sull’argomento ha già dichiarato che la tecnologia delle colture cellulari può contribuire a far raggiungere gli obiettivi della strategia “Dal produttore al consumatore” dell’UE per la diffusione di sistemi alimentari equi, sicuri, sani e sostenibili dal punto di vista ambientale.

Certamente le diverse tradizioni culturali influenzano la resistenza al consumo di cibi non considerati tipici, per molte popolazioni gli insetti, infatti, rappresentano circa il 50% dell’apporto proteico. L’entomofagia in alcuni paesi asiatici, africani e dell’America Latina  è una normale componente della cultura alimentare. Dunque la resistenza a consumare cibi inconsueti nella tradizione gastronomica di un paese è un ostacolo che nel tempo potrebbe essere superato attraverso abili strategie di marketing, d’altra parte i timori per i produttori restano certamente infondati poiché visto il continuo aumento della popolazione mondiale ci sarà spazio sufficiente per un incremento delle produzioni di qualità e sostenibili. Giocherà un ruolo fondamentale una maggiore diffusione di una cultura del buon cibo in cui si tenga conto di provenienza, metodi di coltivazione e soprattutto dei contenuti nutrizionali di ciò che si mangia.

Per concludere, in un contesto in cui sempre più si guarda a ciò che si acquista con consapevolezza, la ricerca su alternative alimentari non dovrebbe preoccupare gli agricoltori e gli allevatori custodi di produzioni genuine di qualità che potranno contare su più elevati margini di apprezzamento e diffusione dei prodotti agricoli tradizionali. Se poi, questo tipo di produzioni legate ai “novel food”  avranno un futuro è ancora tutto da vedersi.