Conciliare cibo, ambiente e benessere: l’innovazione ci salverà?

Intervista al Prof. Gian Paolo Cesaretti – Coordinatore del Gruppo di Lavoro Goal 2 di ASviS

Marco Mabritto

Per il festival dello Sviluppo Sostenibile 2024, si è tenuto al Palazzo delle Esposizioni a Roma l’evento “Conciliare cibo, ambiente e benessere: il ruolo dell’innovazione” organizzato dal Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 2. L’iniziativa ha mirato a riunire agricoltori, rappresentanti dell’industria alimentare, ricercatori, policy maker e consumatori in un dialogo aperto e costruttivo, per esplorare come le nuove tecnologie e le pratiche innovative, anche a livello organizzativo e sociale, possano essere armonizzate con le tradizioni e le esigenze economiche del settore per sostenere un sistema agroalimentare che guardi al futuro.

Buongiorno, Professore, grazie per averci dedicato del tempo oggi. Potrebbe condividere con noi le sue conclusioni a margine dell’evento “Conciliare cibo, ambiente e benessere: il ruolo dell’innovazione” organizzato dal Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 2?

Buongiorno, anche quest’anno l’evento è stato ricco di spunti interessanti e ci ha confermato che la sostenibilità è una questione complessa. Oggi abbiamo costruito una definizione ancora più completa di sostenibilità, sottolineando la difficoltà nel conciliare gli aspetti economici, sociali e ambientali.

Qual è il filo rosso che unisce il concetto di sostenibilità e le 17 sfide dell’Agenda 2030?

Come ha affermato l’ONU, l’attuale modello di sviluppo non è sostenibile. Dobbiamo trovare un nuovo modello di sviluppo che sappia dare risposte adeguate. Questo significa nuovi modelli di investimento, nuova occupazione, nuovi prodotti, servizi e processi produttivi e di consumo.

Durante l’evento, quali sono state le principali tematiche emerse?

All’evento abbiamo messo a confronto imprenditori, rappresentanti del mondo dei consumatori e chi tiene alla questione ambientale su una delle questioni principali per il Goal 2: l’energia e la neutralità climatica. Guardando alla filiera e partendo dai consumatori, è emerso che le famiglie chiedono un nuovo diritto al cibo sostenibile che deve essere qualitativamente sano e al contempo accessibile economicamente.

Cosa si è inteso quando si è parlato di qualità e di accesso al cibo sostenibile?

Parliamo di qualità, quando includiamo la salubrità alimentare, i caratteri organolettici, la conservabilità del cibo, ma non solo. La valorizzazione dei prodotti identitari delle agricolture di prossimità come, ad esempio, le DOP e gli IGP sono fondamentali per il cibo sostenibile e per rafforzare la sua prossimità al consumatore. Quando parliamo invece di accessibilità si è ragionato in termini di abbassamento dei prezzi al consumatore finale e di sussidi all’agricoltura di prossimità che produce cibi sostenibili.

Quali sono le sfide future per garantire globalmente la sicurezza alimentare e il diritto al cibo di qualità?

Entro il 2050 la popolazione mondiale raggiungerà circa 10 miliardi di persone, con dinamiche demografiche asimmetriche. Non possiamo concentrare la produzione solo nei paesi sviluppati; dobbiamo promuovere un’agricoltura di prossimità che rispetti le diverse caratteristiche identitarie, etiche e religiose delle popolazioni. Inoltre, è importante riconoscere il ruolo sociale delle imprese agricole che competono in un mercato aperto e con numerose variabili climatiche e geopolitiche.

Quanto è importante l’innovazione in questo contesto?

L’innovazione è cruciale, ma deve essere un’innovazione per il bene comune, non solo per il profitto. Dobbiamo tradurre l’innovazione in applicazioni concrete nei territori, il che implica anche un’innovazione sociale. Il cerchio si chiude con innovazione tecnologica, sociale, nuovi modelli di sviluppo, sfide dell’Agenda 2030 e sostenibilità.

Qualcuno ha detto che non è vero che l’innovazione ci salverà. Può approfondire questa critica e spiegare il ruolo dell’ “Innovation broker” nel contesto del Centro Agritech?

È una critica valida, perché l’innovazione da sola non può essere la soluzione se non viene adeguatamente implementata e contestualizzata. L’Innovation broker (N.d.R. intermediario dell’innovazione) è una figura essenziale nell’agritech e in altri settori, poiché funge da ponte tra chi sviluppa le innovazioni e chi deve applicarle sul campo. Immaginare, programmare e produrre innovazione è solo una parte del processo; trasferirla e integrarla nei diversi territori è altrettanto importante. Gli innovation broker facilitano questo trasferimento, adattando le soluzioni tecnologiche alle esigenze specifiche delle comunità locali.

Professore, ha menzionato che l’innovazione tecnologica è solo una parte della soluzione. Può approfondire la necessità di strategie innovative e l’importanza di un’innovazione regolativa a livello globale?

Certamente. Viviamo in un mondo globalizzato caratterizzato da una “geometria variabile,” dove il progresso tecnico, la riduzione dei costi di trasporto e di informazione sono elementi chiave. Tuttavia, questa globalizzazione asimmetrica richiede un adattamento delle regole a livello globale. Dobbiamo parlare di innovazione regolativa, ossia cambiare e riscrivere le regole del gioco per renderle più eque e sostenibili. È ciò che stiamo tentando di fare a livello europeo e in sedi come la WTO e la COP 28 di Dubai del 19 dicembre 2023.

Qual è il ruolo delle politiche territoriali in questo contesto?

Le politiche territoriali sono fondamentali perché permettono di applicare l’innovazione tecnologica in modo concreto e adattato ai contesti locali. Dobbiamo sviluppare nuove politiche che promuovano non solo l’innovazione tecnologica ma anche un cambio di paradigma economico, passando da un modello lineare a uno circolare. Questo significa rivedere completamente come produciamo, consumiamo e gestiamo le risorse, creando un sistema che valorizza ogni fase del ciclo produttivo.

Ha parlato anche di un cambiamento culturale necessario. Può approfondire questo aspetto?

Il cambiamento culturale è cruciale per raggiungere la sostenibilità. I consumatori devono abbandonare l’approccio segmentato al benessere, dove separano gli aspetti materiali da quelli qualitativi e delegano gli impatti negativi all’ente pubblico. Non possiamo più permetterci di comprare prodotti a basso costo che hanno alti impatti negativi sull’ambiente e sulla salute, per poi scaricare i problemi su qualcun altro. Dobbiamo educare i consumatori a fare scelte più consapevoli e responsabili. In altre parole, no ad una continua corsa al ribasso, causa ad esempio, di una insostenibile carbon footprint (N.d.R. impronta carbonica).

Grazie mille, Professore Cesaretti, per questa approfondita intervista. Le auguriamo buon lavoro nei suoi sforzi per attenzionare gli obiettivi target del goal 2 e promuovere l’agricoltura sostenibile.

Grazie a voi per l’opportunità di condividere questi temi fondamentali. Buona giornata.

Prof. Gian Paolo Cesaretti – Coordinatore del Gruppo di Lavoro Goal 2 di ASviS