Sui terreni confiscati alle più importanti famiglie mafiose della Sicilia oggi si produce in regime biologico e si coltiva il seme della normalità

– Vincenzo Alvaro

C’è una Sicilia che riscopre il senso della libertà, la bellezza di riappropriarsi di ciò che per anni le è stato tolto da un peso oppressivo, criminale, che non le ha permesso di vivere la bellezza che le spetta, che merita. È quella che da qualche anno a questa parte, anche grazie alle intuizioni e le battaglie dei suoi figli più illustri – caduti per mano armata che sperava con la loro morte di poter soffocare quel vento di “ribellione” democratica e partecipata che avevano innescato – sta scrivendo una nuova pagina di riscatto, coltivando non solo prodotti eccellenti dal punto di vista agricolo, ma che fortificano il seme della speranza. Di una nuova pagina di vita. Anzi «di storia, che si sta facendo in questo preciso momento. Di cambiamento».

Salvatore Gibino, del quale prendo in prestito le parole, è uno dei soci fondatori della cooperativa sociale Pio La Torre – Libera Terra, nata nel 2007 a San Giuseppe Jato. Il secondo esperimento, ben riuscito, dopo il progetto pilota della Placido Rizzotto che sette anni prima prese il via sui terreni confiscati alle mafie nella zona dell’alto Belice Corleonese.

I terreni prima emblema dell’ostentazione di possedimento delle famiglie più potenti della mafia siciliana (da Brusca a Riina, Provenzano, Simonetti e via discorrendo) diventano lo spazio ove tentare un progetto che ha l’ambizione di scrivere una pagina di riscatto di una terra ferita. Saranno i giovani a decretare il successo e la voglia di rinnovamento che la Sicilia vuole esprimere grazie a Libera Terra che oggi vanta 9 cooperative sociali sparse in tutta l’isola. Terreni dove l’agricoltura biologica dà lavoro a tanti professionisti ma soprattutto coltiva il seme dell’antimafia con una serie di attività di formazione, incontro con i testimoni di giustizia, campi estivi per irrobustire quella cultura che ha il sapore della legalità e del buono e che fa da contro altare alle tante nefandezze che la gente siciliana per anni ha dovuto subire quando il potere criminale aveva preso il sopravvento sull’ordinamento democratico.

IL SACRIFICIO DI PIO LA TORRE

Mai nome fu più azzeccato per la cooperativa sociale di tipo B, nata sui terreni confiscati. Proprio il politico siciliano Pio La Torre (a cui è intitolata l’esperienza produttiva di San Giuseppe Jato) ucciso dall’organizzazione criminale il 30 aprile del 1982, fu l’autore della proposta di legge n° 646 detta “Rognoni – La Torre“ (approvata dopo la sua morte)  che introdusse nel codice penale l’articolo 416bis che prevedeva per la prima volta il reato di associazione di tipo mafioso e la confisca dei patrimoni di provenienza illecita. Strumento che permise a Falcone e Borsellino di indebolire pesantemente il potere criminale ed economico delle famiglie mafiose della Sicilia. Oggi circa 200 ettari, prima di proprietà dei grandi nomi della criminalità organizzata corleonese, sono coltivati a seminativi, oliveti, vigna, legumi, ortiva, pomodori in regime biologico impiegando circa 25 ragazzi che hanno scelto di rendere produttiva la terra dei comuni che oggi compongono il Consorzio sviluppo e legalità che gestisce i beni ritornati in possesso dello Stato. Ma soprattutto si impegnano a lavorare in maniera pulita, rigettando la logica criminale che per anni ha imperato. Insieme a loro gli otto soci fondatori di quella che è la seconda esperienza di Libera Terra in Sicilia e che nel momento della sua nascita vide quadruplicare il numero di giovani che fecero richiesta di partecipare al bando di selezione per entrare a far parte di questa esperienza produttiva.

Era il segno del successo che il seme del riscatto piantato nel 2001 con la cooperativa Placido Rizzotto (che fece registrare 100 adesioni di giovani per soli 15 posti disponibili) era maturato e cresceva rigoglioso anche dopo il sacrificio di Falcone e Borsellino.

LIBERA TERRA MEDITERRANEO

Da quel momento in poi – non senza difficoltà ambientali – le cooperative di Libera Terra in Sicilia sono aumentate. Il lavoro di produzione sui terreni confiscati si espande a macchia d’olio in tutto il Sud e nel 2008, le due cooperative siciliane esistenti e una terza pugliese danno vita al Consorzio Libera Terra Mediterraneo che oggi gestisce e trasforma le materie prime prodotte dalle cooperative sociali ed agricole di Libera Terra. Così sotto un’unica etichetta arrivano sul mercato e nelle botteghe di Libera Terra, amplificando il messaggio sociale che rappresentano. L’esperienza del consorzio ha avuto anche la funzione di tutelare i produttori rispetto alle logiche di sfruttamento che il mercato agricolo imponeva nel passato. Le cooperative produttrici si vedono riconosciuto dal consorzio un prezzo di acconto sulle materie prime conferite e un prezzo di saldo alla fine della vendita dei prodotti trasformati.

AGRICOLTURA DI QUALITÀ

Per essere concorrenziale sul mercato la Cooperativa Pio La Torre, presieduta oggi da Giuseppe Gumia  (e con essa anche tutte le altre) ha scelto di operare in regime biologico per offrire prodotti sani, di qualità, lavorando anche sul recupero e la tutela della biodiversità alimentare della Sicilia. Si sono cosi valorizzate le leguminose tipiche del territorio come ceci, lenticchie e cicerchia, il pomodoro siccagno (che viene trasformato ad esempio in ottime passate) e si sono impiantati 30 nuovi ettari di vigna prediligendo il Nero D’Avola e il Perricone tra le uve a bacca nera, accanto a Grillo, Frappato, Catarratto e Trebbiano a bacca bianca, nel solco di una visione intelligente della gestione della terra e della promozione identitaria.

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