Ci sono storie che sono radicate nei luoghi. Da essi ne prendono l’essenza, il legame viscerale con l’azione quotidiana che le anima, nonostante le difficoltà. Una radicale e profonda rispondenza a quello che si fa per passione, non solo per ragione di impresa. E che rende possibile il trapasso del saper fare di generazione in generazione. Di quei luoghi, poi, se ne diventa custodi, protettori, amministratori, responsabili e spesso anche difensori. Come fa Carlo Catarci, pescatore e pescicultore, nato in una famiglia che “coltiva i laghi” da oltre cento anni.
Lui nato idealmente in barca, ha ereditato la cura del lago di Nemi e altri specchi d’acqua del centro Italia dal nonno Rocco che quattro generazioni addietro nel tempo iniziò la pratica di custodire e ripopolare i banchi di pesce. Una eredità passata di mano in mano dal padre Ovidio fino al figlio Luca (la quarta generazione che si affaccia a questo lavoro) che ha visto la famiglia Catarci anche battersi per la salvaguardia ambientale del lago di Nemi negli anni 70, quando l’inquinamento selvaggio distrusse quasi il 90% della fauna ittica del bacino naturale oggi inserito all’interno del parco regionale dei Castelli Romani.
Quella battaglia servì a eliminare gli sversamenti selvaggi dei comuni limitrofi e costruire un depuratore, salvando la biodiversità che con tanta pazienza Carlo e la sua famiglia hanno saputo riportare nella norma. Un lavoro di “coltivatori del lago” e custodi che in epoca moderna ha portato l’Antica pescicoltura Catarci Ovidio di Catarci Carlo a realizzare un catamarano elettrico con ricarica ad energia solare finanziata dal Gruppo di azione locale Castelli Romani e Monti Prenestini nell’ambito dei Piani di Sviluppo Locale “Terre di Qualità”, con fondi del Programma di Sviluppo Rurale della regione Lazio. Una svolta green per rendere ancora più sostenibile il lavoro che quotidianamente lo impegna tutto l’anno.
Una vera e propria cura paterna nel coltivare e fecondare le uova che vengono ossigenate e mantenute a temperatura costante e al riparo dai predatori naturali, prima di essere accompagnate alla schiusura e alla nascita nello specchio d’acqua dove saranno poi liberate per dar corso alla naturale esistenza del Coregone, una delle specie di cui Carlo Catarci si prende cura.
Più conosciuto come Lavarello questa specie di pesce è un bioindicatore naturale: vive dove le acque sono pulite. E il lago di Nemi oggi è uno dei bacini d’acqua più puliti del Lazio, anche grazie alla tutela che la famiglia Catarci ha messo in opera da oltre un secolo. Si nutre essenzialmente di plancton e una volta divenuto adulto viene commercializzato nei piccoli ristoranti della zona, in vendita diretta o anche al mercato coperto di Genzano.
La crisi climatica di questi ultimi tempi ha inciso molto sulla qualità della pesca e della riproduzione delle specie ittiche, basti pensare che negli anni il lago di Nemi è calato di cinque metri, un metro e sessanta centimetri solo nell’ultimo anno e mezzo. «Sono due anni che non piove e manca essenzialmente il volume d’acqua» afferma Carlo preoccupato che nei prossimi anni «rischiamo che si stringa il cono d’acqua. Prima i canneti, che sono uno degli spazi di riproduzione del coregone, erano essenzialmente in acqua, ora non più. Il lago soffre biologicamente, il coregone preferisce l’acqua fredda, ma più si riduce il volume e più diventa calda. Se continuiamo cosi fra cinquant’anni rischiamo di perdere questa specie».
Anche per questo sono numerose le attività di formazione ed educazione ambientale che l’azienda mette in campo per scuole e famiglie, al fine di educare alle buone pratiche di rispetto ambientale e spiegare cosa comporta la pescicoltura «pratica molto laboriosa ma che conduciamo con passione, perchè noi con il lago ci campiamo».
Ogni sera si esce in barca a posare le reti, che vengono ritirate al mattino. Il pesce si porta al mercato coperto o si distribuisce nei ristoranti. Ma il vero lavoro è quello della pescicoltura che inizia a Gennaio quando il coregone deposita le uova, che si schiuderanno dopo un mese e mezzo. Una parte di queste vengono seminate nel lago e una parte in gabbia (con una maglia di reti da un millimetro). Qui sviluppano l’accrescimento fino a 3 – 4 centimetri per assicurare una crescita sicura.
Un rituale che continua da generazioni e che oggi ci assicura il ripopolamento dei laghi e la sicurezza di mangiare pesce di qualità.