L’agricoltura italiana? Resistente, tecnologica e attrattiva. Ecco i dati che lo indicano

Dati Istat su Lavoro e Valore Aggiunto

Tra le notizie del giorno, spiccano i dati Istat sul crollo delle unità di lavoro (Ula) svolte in Italia nel 2020, con una flessione complessiva di -10,3%, in cui il lavoro dipendente risulta comunque meno penalizzato (-9,3%) di quello indipendente (-12,8%). La flessione riguarda tutti i settori dell’economia italiana, ma è nettamente più contenuta nell’agricoltura (-2,3%) rispetto all’industria (-10,2%), alle costruzioni (-8,7%) e ai servizi (-11%). Allo stesso modo il calo in volume del valore aggiunto, pur segnando un -6% nell’agricoltura, regge meglio di settori quali industria (-11,1%) e servizi (-8,1%). Dunque un’agricoltura che resiste meglio di altri comparti ai duri colpi inferti a tutta l’economia dalla pandemia in corso. Ma non solo.

Focus Il Sole 24 Ore su crescita Agritech in Italia

Quella italiana, come racconta oggi uno speciale de Il Sole 24 Ore, è sempre di più un’agricoltura innovativa e ad alta tecnologia, che permette agli imprenditori di guidare da remoto macchine e attrezzature, monitorare i campi e gli allevamenti e molto altro. Il mercato dell’agricoltura 4.0 cioè nel 2020 ha raggiunto un giro d’affari di 540 milioni di euro con una crescita del 20% rispetto all’anno precedente. Sono i dati messi a punto dall’Osservatorio Smart Agrifood della School of Management Politecnico di Milano e del Laboratorio Rise (Research & Innovation for Smart Enterprises) dell’Università degli Studi di Brescia, che saranno presentati il 5 marzo. «Ci attendiamo – segnalano dall’Osservatorio Smart Agrifood – una forte accelerazione nel 2021 considerato che le superfici a oggi coltivate in Italia con strumenti di agricoltura 4.0 sono nell’ordine del 3-4% del totale, quindi c’è un grosso potenziale ancora da esprimere». Analizzando la composizione del mercato 2020 dell’agricoltura 4.0 in Italia, le soluzioni che hanno trainato maggiormente la crescita sono quelle associate al monitoraggio e controllo di mezzi e attrezzature agricoli (36% del mercato), seguite dai macchinari connessi (30%), e dai software gestionali (13%). Issd (Sistemi di supporto alle decisioni) incidono per il 5% del mercato complessivo e iniziano a farsi strada i robot per le attività in campo (2%). «La pandemia – commenta Andrea Bacchetti che dirige l’Osservatorio Smart Agrifood insieme a Chiara Corbo – ha messo alla prova il settore agroalimentare italiano, da un lato riducendo la disponibilità di manodopera dall’altro mettendo sotto pressione la logistica distributiva. Ma le analisi dell’Osservatorio hanno evidenziato un settore dinamico e aperto all’innovazione, consapevole dei benefici che le tecnologie digitali possono apportare in termini di efficienza, competitività e sostenibilità della filiera. Nella marcia di avvicinamento all’agricoltura 4.0 le soluzioni digitali sono ormai presenti in oltre la metà delle imprese analizzate, e la maggior parte di queste utilizza già almeno due strumenti in parallelo. Nei prossimi anni a guidare l’innovazione del settore saranno sempre di più la necessità di lavorare sull’interconnessione delle soluzioni, lo sviluppo di competenze specifiche e la valorizzazione dei dati».

Dati Intesa Sanpaolo che spingono ad investire nell’agroalimentare italiano

Che in Italia le imprese agroalimentari siano un asset su cui puntare lo dimostra anche la decisione del colosso Intesa Sanpaolo, che forte dell’integrazione con Ubi, fa sapere di aver creato la nuova direzione Agribusiness, con 85 filiali sul territorio nazionale. Le motivazioni che stanno alla base di questa scelta sono snocciolate in forma di dati dalla stessa Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo: nel 2019 il sistema agroalimentare italiano ha generato un valore aggiunto di 64,8 miliardi di euro e ha occupato oltre 1,4 milioni di persone, con un peso sull’economia rispettivamente del 4% e del 5,5%. In particolare, nell’agrifood italiano lavora il 9,2% dei lavoratori europei del settore, distribuiti per circa due terzi nel primario e per circa un terzo nella trasformazione.