Agricoltura “intelligente“ per contrastare il cambiamento climatico

I danni subiti dall’agricoltura italiana a causa di eventi climatici estremi, soprattutto in alcune regioni, sono stati rilevanti nell’ultimo anno. Ne abbiamo parlato con esperti di AIC di diverse zone d’Italia, tutti concordi nel ritenere che sebbene gelate e siccità siano sempre state presenti nel ciclo delle stagioni, negli ultimi anni sono aumentate sia la frequenza degli eventi calamitosi che la vastità del territorio colpito. 

Secondo quanto afferma l’agronomo di AIC Treviso Loriano Dalle Nogare «i danni imputabili alla stagione secca hanno causato innanzitutto una diminuzione della produzione in quasi tutto il comparto agricolo. La penuria di acqua – sottolinea – ha creato problemi sia in collina, danneggiando i vigneti, che in pianura dove i raccolti di mais hanno dato origine ad un prodotto non commerciabile e inutilizzabile anche per il foraggiamento dei bovini». Oltre ai danni da caldo eccessivo si sono registrati danni causati dal ritardo della stagione invernale, le temperature miti del tardo autunno e del primo inverno «hanno impedito – prosegue – che alcune varietà di mele assumessero la colorazione tipica, impattando sui tempi di maturazione e di conseguenza sul calibro e sulla qualità del prodotto da destinare al commercio».

Difficile anche la situazione a Sud, in Sicilia, dove secondo il presidente di AIC Caltanissetta, Mario Sicilia «la siccità è ormai la calamità più rilevante per le coltivazioni del nostro Paese, con danni che superano quelli dovuti alle ondate di gelo, alle tempeste di vento o alle grandinate». Gli eventi climatici estremi rappresentano un’incognita con cui gli agricoltori si dovranno necessariamente confrontare per guardare al prossimo futuro. «Guardando avanti – prosegue Sicilia – ci si domanda cosa dovrà fare il comparto agricolo per non soccombere. Il problema vero – sostiene – è che la situazione che abbiamo vissuto quest’inverno non è eccezionale, fin dal 2016 è ricorrente. La Sicilia è tra le regioni italiane maggiormente a rischio a causa della diffusione di monocolture, dell’uso diffuso di sostanze chimiche e del pascolo eccessivo». Sull’isola si sceglie oggi di investire su nuove produzioni, «il surriscaldamento globale – aggiunge – ha di fatto soppiantato gli agrumi con la frutta tropicale, stravolgendo le tradizionali colture: meno agrumi e mandorle, più frutta tropicale e piantagioni di caffè. Così la Sicilia da terra di vigne, ulivi e agrumi, ha modificato il proprio profilo, adattandosi all’emergenza pur con qualche rischio, ma con l’interesse comune di produrre». 

Un’altra regione in difficoltà è la Campania dove a causa delle temperature al di sopra della media del periodo, si è verificato in autunno un ritorno tardivo della mosca olearia. Giuseppe Freda, perito agrario di AIC Contursi Terme si dice «preoccupato per la grandine che torna a colpire sempre più spesso, nel 2022 nell’avellinese sono andati persi i raccolti di Aglianico e di altre uve rosse destinate alla produzione di vini DOC. Per le uve bianche invece l’anticipazione del raccolto ha limitato i danni». Non solo il settore vitivinicolo ha subito l’impatto del meteo impazzito, «le arature – continua Freda – sono state posticipate in attesa delle piogge perché i terreni erano troppo duri da dissodare e di conseguenza le semine sono state posticipate. Anche la zona del basso Sele, colpita da inondazioni, ha riportato danni alle coltivazioni di ortaggi in serra». 

Emerge dunque forte la necessità di modificare l’approccio se si vuole garantire la sicurezza alimentare a una popolazione mondiale in crescita, tagliando gli sprechi e aumentando in modo sostenibile la produttività e i redditi agricoli. Tra le proposte quella di praticare un’agricoltura intelligente dal punto di vista climatico. Il “Climate-smart Agriculture” o CSA, secondo la FAO, è il nuovo indirizzo cui dovrà tendere l’agricoltura del futuro. Il programma “Strategic framework 2022-2031” propone infatti un rinnovo dell’intero sistema agroalimentare nella direzione dell’ecosostenibilità e della “resilienza colturale”, implementando sistemi di coltivazione diretti al risparmio idrico ed energetico, riducendo in prima istanza le emissioni nocive, in particolare la CO2. La salvaguardia e la tutela del territorio dovrà tenere conto dei cambiamenti climatici in atto prediligendo varietà resistenti agli sbalzi di temperatura e alla siccità. 

di Rosamaria Camodeca