Venezia 77, “Omelia contadina” un rito collettivo per la vita

Ci avete seppellito ma non sapevate che eravamo semi, il mondo dell’arte e del cinema trovano un modo per lavorare insieme e attuare un’azione cinematografica con gli abitanti dell’altopiano dell’Alfina, tra Umbria, Toscana e Lazio. “Omelia contadina” per la regia di Alice Rohrwacher e Jr, film Fuori concorso per gli eventi speciali, alla 77^ Mostra del Cinema di Venezia, mette in scena “un rito collettivo” per sostenere la comunità contadina del territorio .Il film racconta la vita di una comunità contadina si riunisce su un altopiano al confine tra tre regioni per celebrare il funerale dell’agricoltura contadina. Un’azione cinematografica per scongiurare la scomparsa di una cultura millenaria. “Nell’autunno scorso – racconta la regista – durante una passeggiata sul confine tra Umbria, Lazio e Toscana, raccontavo all’amico e artista JR le mie preoccupazioni sulla distruzione del paesaggio agrario, violato dal proliferare di monoculture intensive che stanno plasmando interi territori. Gli raccontavo, da figlia di un apicoltore, della grande moria di insetti che ne deriva, e delle lotte dei piccoli contadini che provano ad arginare questo fiume in piena di speculazioni, sussidi, pesticidi”.  Alice Rohrwacher ha raccontato di avere incontrato JR a Cannes e di avergli esposto il progetto. “Ci siamo incontrati di notte per strada e siamo diventati amici. Io vengo dal mondo del cinema e lui dell’arte, quindi questo progetto non rientrava in nessuna categoria per quello è diventato un’azione cinematografica, è un funerale pieno di vita. Tutte le persone che hanno partecipato sono vive e sono in lotta per sopravvivere alle difficoltà con cui devono tenere testa ogni giorni. Il significato sta nel celebrare questo rito per ripartire per una nuova vita e testimonianza”.

Alice Rohrwacher che vive sull’Altopiano dell’Alfina ha ricordato come in questo territorio la realtà contadina sia molto forte, “ci sono reti e comitati che stanno cercando di resistere all’avanzata delle monoculture, organizzano convegni e manifestazioni, nuovi agricoltori fino a quelli che lo sono da molte generazioni. L’idea è che contadini potessero celebrare un funerale da vivi alla storia millenaria dell’agricoltura. Li abbiamo portati in processione. La preghiera ci sembrava anche un ringraziamento per tutto quello che attraverso i secoli ha mantenuto in vita l’umanità. Non volevamo dare una impronta di nostalgia, non c’è rancore, ma la sacralità di un rito che ci sembrava fondamentale per raccontare questa storia. Per questo è importante ciò che nel finale il contadino rivela, che è un omaggio alla vita che può rinascere”.

I protagonisti sono i veri contadini dell’Alfina. “All’inizio volevamo solo fare questa azione e già farlo era una esperienza forte ma non sapevamo cosa poi sarebbe stato il risultato, è stato un lavoro autoprodotto, tutti hanno lavorato gratuitamente per aiutare questa lotta. L’idea è di distribuire questo strumento di lotta gratuitamente nei cinema, nelle università, nelle scuole perché possa essere uno strumento di dibattito. Per i contadini è stato bello, sono venuti tutti qui al Lido e la banda di Castelgiorgio ha suonato sul tappeto rosso davanti al Palazzo del cinema. “Come durante il giorno delle riprese pioveva, ma dopo la pioggia nascono i semi”.

Articoli pubblicati da Adnkronos e Repubblica.it