Calamità, AIC: “Italia intervenga nelle aree interne e a livello multilaterale per i paesi più esposti”
“L’agricoltura è la prima a soffrire per le calamità e gli effetti del cambiamento climatico. Lo verifichiamo sul campo ogni giorno con i piccoli produttori a cui stiamo vicini e che si trasformano sempre più spesso in manutentori dei territori in cui vivono”. Così il Presidente dell’Associazione Italiana Coltivatori Giuseppino Santoianni commenta il rapporto pubblicato oggi dalla FAO, dove viene sottolineato come tra il 2008 e il 2018 i danni causati da calamità naturali sono costati al settore agricolo oltre 108 miliardi di dollari. “La FAO ci conferma che in nessun altro momento della storia i sistemi agroalimentari si sono dovuti misurare con una tale serie di minacce nuove e inattese, tra cui incendi di proporzioni enormi, eventi meteorologici estremi e rischi biologici emergenti quali la pandemia COVID-19. È un allarme che dobbiamo rilanciare perché giunga a chi nelle istituzioni ha il compito di vigilare e di non lasciare soli gli agricoltori”, prosegue Santoianni. Stando al rapporto, l’incidenza annuale delle calamità è oggi triplicata rispetto agli anni 1970 e 1980. Inoltre considerando il dato aggregato del settore agricolo, industriale, commerciale e turistico, l’agricoltura assorbe da sola la sproporzionata quota del 63 percento delle conseguenze dei disastri naturali. “L’Italia ha il compito di intervenire a tutela delle aree interne, come abbiamo sottolineato anche nel nostro commento al PNRR, ma non scordiamoci di tenere lo sguardo anche fuori dai confini, prendendoci un ruolo nelle organizzazioni internazionali che hanno il compito di sostenere i paesi a reddito medio-basso che sono maggiormente soggetti a questi fenomeni”, conclude Santoianni.