
Agribashing: lo scontro tra il vero e il falso nell’agricoltura moderna
L’agribashing è una critica superficiale al settore agricolo, che trascura la complessità del lavoro degli agricoltori e oscura i benefici di molte pratiche sostenibili, ignorando le sfide economiche e climatiche del settore
di GAETANO GULLO
“Lasciate che la verità si scontri con il falso,” affermava John Milton nel suo saggio del 1644 Areopagitica, scritto a difesa della libertà di stampa. Secondo il filosofo inglese la libertà di espressione avrebbe favorito la diffusione della verità, anche a costo di permettere la pubblicazione di opere scorrette o fuorvianti. Milton riteneva che fosse meglio consentire la diffusione di tutte le idee, anche quelle sbagliate, lasciando che fossero i fatti a smascherare l’errore: “la polvere e la cenere” del falso possono ancora “lucidare e illuminare l’armeria della verità”, scriveva.
Il consiglio di Milton sembra quanto mai attuale. Tuttavia, nell’era dell’informazione e della sovrabbondanza di contenuti, il rischio è che l’eccesso disorienti il pubblico, rendendo la verità difficile da distinguere rispetto al falso. Questo vale anche nel settore agricolo, dove un fenomeno sempre più rilevante è quello dell’agribashing.
Cos’è l’agribashing
L’agribashing (termine derivato dall’unione di “agri” con “bashing”, dall’inglese “bash”, che significa attaccare o criticare in modo eccessivo) è una critica sistematica all’agricoltura, spesso accusata di contribuire alla deforestazione e di adottare pratiche che compromettono il benessere animale. Sebbene tali preoccupazioni siano talvolta giustificate, soprattutto in riferimento ai metodi di alcune multinazionali, molti produttori denunciano di essere vittime di disinformazione. Questa narrativa semplificata spesso ignora la complessità del settore, i benefici di molte pratiche sostenibili e le difficili sfide economiche e climatiche che gli agricoltori devono affrontare.
Dove si è diffuso
L’agribashing si è diffuso soprattutto in Paesi con una forte tradizione agricola, dove la transizione verso un’agricoltura più sostenibile è accompagnata da un acceso dibattito pubblico. In Francia il fenomeno ha raggiunto il suo apice durante le proteste dei “gilet gialli”, quando gli agricoltori si sono uniti alle proteste di altre categorie sociali, sentendosi marginalizzati e incompresi dalle istituzioni e dalle élite urbane.
Anche in Italia, il fenomeno è in crescita, soprattutto a causa delle critiche sull’uso di pesticidi e sull’impatto ambientale dell’agricoltura intensiva. Tuttavia, il dibattito si è anche esteso a questioni sociali come il caporalato. Questo ha spinto molte pmi agricole a difendersi e a cercare di riconnettersi con i consumatori, promuovendo le buone pratiche e la qualità dei prodotti contro la concorrenza sleale di chi fa profitti con lo sfruttamento illegale dei braccianti agricoli.
Come si può contrastare
Per contrastare l’agribashing, è fondamentale un’azione sinergica tra istituzioni, associazioni di categoria e agricoltori. Le istituzioni, in particolare, devono farsi promotrici di politiche che sostengano le aziende agricole virtuose e garantiscano una comunicazione trasparente e positiva sull’agricoltura, combattendo la disinformazione con dati concreti e verificabili.
Le associazioni agricole devono farsi portavoce delle buone pratiche come modello di un’agricoltura moderna e sostenibile, sostenendo aziende che adottano metodi biologici o rigenerativi. Secondo ISMEA, il 25% delle imprese agricole italiane ha già intrapreso questo percorso negli ultimi cinque anni, un segnale incoraggiante che può contribuire a ridefinire la percezione pubblica del settore.
Il turismo enogastronomico, oleoturismo ed enoturismo offrono ai consumatori l’opportunità di conoscere da vicino i processi produttivi, creando un dialogo diretto che rafforza la fiducia e valorizza le sfide affrontate dagli agricoltori per garantire prodotti di qualità, dal campo alla tavola.