Santoianni (AIC): “La nostra condanna morale per la morte di Satnam Singh è assoluta e dobbiamo estirpare la gramigna del caporalato”

“La comunità Sikh è una presenza silenziosa ma fondamentale nella nostra agricoltura: popola il territorio con dignità, contribuisce ogni giorno all’economia dei campi e rappresenta uno dei volti più onesti e laboriosi del lavoro rurale in Italia. È anche per questo che, come Associazione Italiana Coltivatori, abbiamo voluto all’inizio dell’anno sottoscrivere un protocollo d’intesa che rafforza il legame con questa comunità, riconoscendone il valore umano, sociale ed economico.”

Così Giuseppino Santoianni, Presidente Nazionale dell’AIC, commenta l’udienza svoltasi ieri presso la Corte d’Assise di Latina sul caso della morte di Satnam Singh, il giovane bracciante indiano deceduto nel giugno 2024 dopo essere stato abbandonato in condizioni gravissime davanti alla propria abitazione.

“Ciò che è emerso in aula colpisce nel profondo: Satnam non è stato soccorso in tempo perché ‘non era in regola’. Una frase che fa rabbrividire e che mostra quanto la gramigna del caporalato sia ancora viva, annidata tra le pieghe dell’irregolarità e dell’assenza di tutele. È una piaga che va estirpata con determinazione, prima che continui a soffocare altri diritti, altre vite.”

“Estirpare il caporalato non significa solo punire i colpevoli, ma creare le condizioni affinché nessuno sia più costretto a scegliere tra un lavoro e la propria sopravvivenza. Servono prevenzione, trasparenza, controlli seri e un impegno concreto per riportare legalità nei campi. La morte di Satnam Singh – conclude Santoianni – non può restare un fatto isolato deve essere una cicatrice per un agricoltura giusta che non dovrà essere dimenticata”