
“Siccità”: la distopia di Virzì e il cinema che non ignora la realtà
Il film è ambientato in una Roma assetata da tre anni di pioggia. La scarsità idrica ha imposto restrizioni severe su ogni utilizzo non essenziale dell’acqua.
Claudia Minetti
Con l’inizio di una nuova estate, il tema della siccità torna ad assumere centralità nel dibattito pubblico, colpendo con particolare forza il mondo agricolo. Lo scorso anno, 12 regioni italiane hanno affrontato situazioni di grave stress idrico, segnale di una sfida che richiede risposte strutturali capaci di mettere al centro l’acqua non solo come risorsa da non disperdere, ma come bene collettivo e diritto universale.
Il film è ambientato in una Roma distopica e assetata da tre anni di pioggia. Il fiume Tevere è prosciugato, sciami di blatte infestano ogni angolo della città e una misteriosa epidemia di sonnolenza si propaga rapidamente a causa di un virus probabilmente legato all’invasione degli insetti.
La scarsità idrica ha imposto restrizioni severe su ogni utilizzo non essenziale dell’acqua.
Antonio, detenuto nel carcere di Rebibbia da circa 25 anni, evade quasi involontariamente spinto dal desiderio di ritrovare sua figlia Giulia, ora infermiera in attesa di un bambino.
Valerio, il compagno di Giulia e guardia giurata, inizia a lavorare per la potente famiglia Zarate come guardia personale di Raffaella, la rampolla annoiata.
Loris, reinventatosi tassista dopo aver perso il lavoro a causa dei tagli alla scorta politica, viene ricoverato d’urgenza, vittima del nuovo virus. Soccorso dalla sua ex moglie Sara, un medico affermato e superiore di Giulia, i due ritrovano un’intimità perduta quando Sara gli confessa la relazione clandestina del suo attuale compagno Luca, un avvocato influente, con una vecchia fiamma del liceo.
Alfredo, un attore mediocre, raggiunge un’inattesa popolarità durante la crisi idrica grazie alle sue dirette online in cui ostenta un uso parsimonioso dell’acqua, ma tutto crolla quando sua moglie Mila viene sorpresa ad annaffiare una pianta, un atto severamente proibito. La smania di grandezza di Alfredo e la vita non proprio trasparente di Mila li portano a trascurare il figlio Sebastiano, che viene contagiato dalla misteriosa malattia e finisce in terapia intensiva.
Per affrontare l’emergenza viene chiamato il professor Del Vecchio, un idrologo veneto. Le sue frequenti apparizioni televisive oltre a farlo diventare una celebrità lo allontanano progressivamente dalla realtà e lo conducono a trascorrere una romantica serata, con una nota attrice, in una vasca idromassaggio, ennesimo smacco nei confronti della difficile situazione.
Alla fine del film un violento temporale si abbatte finalmente su Roma.
Guardando il film si prova un disagio crescente, con la sua coralità di personaggi e le loro storie intrecciate, ci mostra come la crisi ambientale non faccia distinzioni di classe o di ceto sociale. La sete accomuna tutti, rivelando la necessità di una risposta collettiva e urgente. Non è fantascienza lontana, ma un monito potente e quanto mai attuale sulla crisi ambientale che stiamo vivendo.
Non possiamo più permetterci di ignorare gli allarmi degli scienziati, di minimizzare gli impatti dei nostri stili di vita, di delegare ad altri la responsabilità di proteggere il nostro pianeta.
La difesa dell’ambiente non è un lusso o una moda passeggera, ma una necessità impellente per la nostra sopravvivenza e per quella delle generazioni future. Richiede un cambio di mentalità radicale, un impegno concreto a ridurre il nostro impatto ambientale, a promuovere pratiche sostenibili, a sostenere politiche che mettano al centro la tutela del territorio e delle sue risorse.