Le Tecniche di Evoluzione Assistita in agricoltura tra cambiamenti climatici e scienza

“È necessario continuare a migliorare le nostre piante per rispondere ai cambiamenti climatici, alla siccità, ai parassiti, alla necessità di ridurre gli input e andare verso una maggiore sostenibilità dell’agricoltura”.

Questa è una frase di Vittoria Brambilla, ricercatrice e divulgatrice scientifica dell’Università degli studi di Milano, che in una recente intervista ha sottolineato come  i cambiamenti climatici, l’aumento della temperatura, la perdita della biodiversità  e la necessità di soddisfare i bisogni alimentari di una popolazione in continua crescita sono tra le sfide più urgenti e complesse a cui l’agricoltura deve rispondere.

Per fronteggiare questi problemi la scienza e la tecnologia sono alla continua ricerca di soluzioni innovative e alternative, tra cui le TEA, conosciute a livello internazionale come New Genomic Techniques (NGT) e note in Italia come Tecniche di Evoluzione Assistita.

Si tratta di tecniche innovative che agiscono in maniera precisa e mirata sulla genetica delle piante dando vita a varietà più forti e resistenti ai parassiti e alla siccità, e sembrerebbero essere sicure per l’uomo in quanto replicano sistemi di riproduzione validati già secoli fa.

Un esempio è la selezione artificiale, pratica che affonda le sue radici nelle prime civiltà agricole, quando gli agricoltori selezionavano le piante con caratteristiche desiderabili per migliorare le qualità e la produttività delle colture. 

Questo processo, seppur efficace, richiedeva però un lungo periodo di tempo per ottenere i risultati auspicati. La svolta nella comprensione dei meccanismi ereditari arrivò con Gregor Mendel, monaco agostiniano e biologo, è considerato il padre della genetica, il quale conducendo esperimenti sulle piante del pisello scoprì che i tratti ereditari non si trasmetto in modo casuale, ma seguendo precise leggi di trasmissione. 

Questi principi, benché inizialmente ignorati, sono stati la chiave per comprendere il funzionamento della genetica nelle piante e più tardi per migliorarne le coltivazioni. 

Nazareno Strampelli, l’agronomo italiano le cui ricerche genetiche sui cereali gli hanno valso la fama internazionale, seguendo i principi mendeliani sull’ereditarietà, incrociò diverse piante di grano per ottenere tratti desiderabili, come ad esempio una maggiore produttività, e le sue metodologie hanno gettato le basi per lo sviluppo dell’agricoltura moderna, contribuendo così alla “rivoluzione verde”. 

Il suo approccio alla selezione artificiale delle piante ha influenzato il lavoro di Norman Borlaug, agronomo statunitense che ha applicato e ampliato queste tecniche per sviluppare varietà di grano ad alta resa, resistenti alle malattie e in grado di crescere in ambienti difficili, grazie a innovazioni come l’uso di fertilizzanti chimici e irrigazione intensiva.

Il suo lavoro ha permesso a paesi come il Messico e l’India di aumentare la produzione agricola contribuendo a combattere la fame e migliorare la sicurezza alimentare, tuttavia la rivoluzione verde ha avuto anche conseguenze negative, come l’impatto ambientale derivante dall’uso intensivo di pesticidi e fertilizzanti.

L’obiettivo delle TEA è indurre mutazioni nelle piante affinché acquisiscano caratteristiche tali da renderle in grado di fronteggiare le avversità sopra citate. 

Affinché ciò possa avvenire si ricorre a tecniche di editing genetico,ovvero vengono indotte mutazioni in specifiche regioni del DNA, intervenendo esclusivamente con geni di organismi della stessa specie, senza introdurre materiale genetico estraneo. In pratica si innova con una fondamentale differenza rispetto alle tecniche di ingegneria genetica sfruttate per la creazione di OGM e, così facendo, si aumenta la probabilità di mutazioni che, in natura, potrebbero avvenire in maniera spontanea, ma richiederebbero un lasso di tempo più lungo, poiché fanno parte del processo evolutivo naturale.

Con l’aumento della popolazione mondiale, che si prevede possa superare i 9 miliardi di persone entro il 2050, la domanda di cibo aumenterà in modo esponenziale, mentre risorse vitali come l’acqua o i terreni coltivabili diventeranno sempre più scarse. 

Le TEA potrebbero rappresentare un pilastro fondamentale nella sfida della sicurezza alimentare garantendo non solo una maggiore quantità di cibo, ma anche una sua distribuzione più equa e sostenibile. Allo stesso tempo la sicurezza del cibo dovrà essere salvaguardata assicurando che le nuove culture siano non solo più produttive, ma anche più sicure per il consumo umano e l’ambiente.

Lo scopo è dunque sostenere e incentivare il processo di biodiversità, selezionando caratteristiche vantaggiose, come la resistenza alle malattie, una maggiore produttività, sostenibilità ed efficienza, pur mantenendo le tecniche di agricoltura tradizionali in armonia con l’innovazione tecnologica. 

Basti pensare come, in Italia, il riscaldamento climatico e la siccità rendano difficoltosa e meno efficiente la crescita di piante di grano che tradizionalmente crescevano in presenza di temperature meno elevate. Per far fronte a questa esigenza ci si avvale delle TEA al fine di selezionare caratteristiche genetiche tali da migliorare l’adattamento delle colture alle nuove condizioni climatiche, ottenendo una varietà di grano maggiormente tollerante alla siccità.

Tuttavia è bene sottolineare come le TEA non possano far fronte all’imprevedibilità dei cambiamenti climatici che influenzano la diffusione, la crescita e la sopravvivenza di malattie e parassiti che infestano le piante. Ma solo un uso responsabile delle TEA, combinato con pratiche agricole tradizionali, potrà essere cruciale per preservare l’equilibrio ecologico. L’esempio di Borlaug dimostra come l’innovazione tecnologica possa portare a successi straordinari ma anche conseguenze negative se non gestita con attenzione.

Come affermava Albert Einstein: “La scienza non è solo conoscenza, ma la capacità di risolvere i problemi del mondo”. Sarà davvero così? In un mondo segnato da sfide sempre più complesse, come quelle che l’agricoltura deve affrontare con i cambiamenti climatici, la scienza può essere la chiave per affrontare l’incertezza e costruire un futuro più sostenibile.

Articolo di Carmen Petruzzi | AIC/ENAPAICA Progetto Servizio Civile Universale